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15-01-2013
Virus dell’epatite C, infezione possibile anche con scambio di acqua e filtri per iniettare la droga
Fonte: Journal of Infectious Diseases
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Titolo originale e autori: J Doerrbecker, P Behrendt, P Mateu-Gelabert, et al. Transmission of Hepatitis C Virus Among People Who Inject Drugs: Viral Stability and Association With Drug Preparation Equipment.-Journal of Infectious Diseases 207(2):281-287. January 15, 2013.


Non solo siringhe ma anche acqua, contenitori ed altri materiali utilizzati per mescolare e filtrare l'eroina possono trattenere il virus dell'epatite C (HCV) e contribuire alla sua trasmissione tra consumatori di droghe per via iniettiva. E’ quanto evidenziato in un recente studio pubblicato sulla rivista Journal of Infectious Diseases.
L’infezione da virus dell’HCV è considerato un problema di salute pubblica piuttosto importante; interesserebbe infatti circa 160 milioni di persone nel mondo (il 2,3% della popolazione) ed è responsabile di epatiti acute e croniche, la cirrosi ed il carcinoma epatocellulare. La trasmissione del virus avviene attraverso il contatto ematico con sangue infetto ed è prevalente tra i consumatori di droga per via iniettiva che condividono siringhe e materiali per iniettarsi la sostanza (parafernalia). Sarebbero infatti circa 10 milioni i tossicodipendenti nel mondo che risulterebbero infettati dall’HCV.
Precedenti studi avevano dimostrato che l'HCV può resistere per settimane all’interno delle siringhe, se le condizioni risultano favorevoli. Juliane Doerrbecker e colleghi hanno così progettato una serie di nuovi esperimenti per riprodurre il più possibile le pratiche solitamente utilizzate dai tossicodipendenti, partendo dall’ipotesi che anche la condivisione dei materiali per la preparazione della sostanza come i filtri, l’acqua per sciogliere la droga e i contenitori dell’acqua stessa, possono rappresentare un potenziale focolaio di infezione. Campioni pari a 100 mL di acqua contenuta in bottiglie di vari materiali (vetro, plastica, alluminio), sono stati dunque contaminati con quantità variabili di virus dell’HCV. Le bottiglie sono state poi svuotate e nuovamente riempite con acqua nella quale è stata poi valutata la carica virale e l’infettività. La trasmissione del virus associata all’uso di filtri infetti è stata invece determinata inoculando il virus nel filtro, chiudendolo in un foglio di alluminio e poi incubandolo. Il virus HCV è risultato sopravvivere nelle bottiglie di acqua fino a tre settimane, anche se la carica virale è risultata diminuire nel tempo. Inoltre è risultato essere rilevabile per periodi più lunghi in recipienti di alluminio o plastica, mentre nei filtri circa il 10% della quantità iniziale di virus inoculata è risultata ancora rilevabile dopo 24 e 48 ore.
I risultati descritti, concludono i ricercatori, dovrebbero contribuire ad aumentare la consapevolezza dei rischi associati alla condivisione di ogni materiale utilizzato per iniettarsi la droga.
Redattore: Staff Dronet
Indirizzo: Programma Regionale sulle Dipendenze
Email: info@dronet.org
 

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