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06-11-2012
Neuroimmagini: visualizzati gli effetti della caffeina sul cervello
Fonte: Journal of Nuclear Medicine
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Titolo originale e autori: Elmenhorst D, Meyer PT et al., Caffeine Occupancy of Human Cerebral A1 Adenosine Receptors: In Vivo Quantification with 18F-CPFPX and PET.-J Nucl Med. 2012 Nov


I ricercatori dell’Institute of Neuroscience and Medicine di Jülich, in Germania, sono stati in grado di visualizzare i siti cerebrali a cui si lega la caffeina utilizzando la Tomografia a Emissione di Positroni (PET), rendendo così possibile l’esplorazione dei suoi effetti sul cervello. La caffeina, l’alcaloide psicoattivo presente nel caffè, nel the e nelle bevande energetiche, è la sostanza stimolante più largamente utilizzata a livello mondiale. Basti pensare che l’80% degli adulti consumano in media 200 mg di caffeina al giorno. Gli effetti stimolanti della caffeina sul corpo umano vengono attribuiti alla capacità che essa ha di legarsi ai recettori per l’adenosina di tipo A1, i più abbondanti a livello cerebrale, ma finora nessuno aveva misurato dal vivo quanti recettori venissero occupati.
Gli autori della ricerca, pubblicata sul Journal of Nuclear Medicine, hanno utilizzato la tecnica di visualizzazione cerebrale PET con un radioligando (F-18-CPFPX) per indagare la farmacodinamica della caffeina nel cervello. Dopo 36 ore di astensione dalla sostanza, quindici volontari maschi sono stati sottoposti ad una scansione PET prima e dopo una somministrazione controllata di caffeina, a concentrazione variabile, in base al peso corporeo. Dal confronto delle scansioni PET, i ricercatori hanno osservato che le concentrazioni di caffeina nel sangue pari a circa 4 tazze di caffè, erano sufficienti per rendere non più disponibile al radioligando, il 50% dei recettori A1 per l’adenosina. Una conclusione importante dello studio è che nella maggior parte dei bevitori regolari di caffè e di bevande a base di caffeina, circa la metà dei recettori A1 per l’adenosina potrebbe essere sempre occupata dalla caffeina, data la lunga permanenza della caffeina stessa nell’organismo (circa 5 ore per dimezzare la concentrazione). Secondo gli autori è probabile che questa indisponibilità costante di buona parte dei recettori cerebrali comporti modifiche ed adattamento e possa condurre ad alterazioni croniche nell'espressione dei recettori e della loro disponibilità.
Redattore: Staff Dronet
Indirizzo: Programma Regionale sulle Dipendenze
Email: info@dronet.org
 

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